sabato 29 aprile 2017

Dio è morto in Olanda

Dio è morto in Olanda (ma non per i giovani e gli adulti convertiti)


Willem Jacobus Eijk è arcivescovo di Utrecht e primate di Olanda dal 2008 e cardinale dal 2012. Il suo compito non è facile: è responsabile di una Chiesa che negli ultimi anni si è molto ridotta numericamente, ha fatto i conti con un impetuoso processo di secolarizzazione e ha conosciuto polemiche interne, che però si sono molto affievolite negli ultimi anni. I cattolici olandesi sono scesi da 5,5 milioni che erano nel 1990 a un po’ meno di 4 milioni oggi, e dal 37 al 23 per cento della popolazione. Laureato in medicina con una tesi sull’eutanasia e in filosofia, il cardinale Eijk è stato ordinato sacerdote nel 1985. Ha accettato di rilasciare un’ampia intervista all’inviato di Tempi in Olanda. 

Eminenza, secondo uno studio delle Nazioni Unite l’Olanda è il sesto paese più felice del mondo. Dall’interno si vede la stessa cosa? Gli olandesi sono felici oggi?
Molto dipende dai criteri che in queste indagini si usano per arrivare alle conclusioni. Secondo un rapporto di un ente ufficiale olandese, l’Ufficio per la pianificazione sociale e culturale (Scp), due terzi degli olandesi sono pessimisti, pensano che il paese stia andando nella direzione sbagliata. C’è un sentimento diffuso che negli ultimi anni l’Olanda sia peggiorata. Si lamenta un imbarbarimento dei costumi, del modo in cui le persone si trattano. Nelle discussioni pubbliche volano facilmente insulti, anche in parlamento, e si respira un clima di intolleranza. Una parte crescente della popolazione è convinta che lo Stato faccia troppo per gli immigrati e troppo poco per gli olandesi autoctoni. Alcuni sono colpiti da una povertà strisciante. L’Olanda è un paese benestante, certo, e questa ricchezza è certamente uno dei motivi che ha fatto dire all’Onu che gli olandesi sono fra i più felici al mondo. Ma non tutti in questi ultimi anni hanno approfittato della ripresa dell’economia: i gruppi di popolazione meno istruiti hanno conosciuto un impoverimento. Noi Chiese stiamo facendo sempre di più per le famiglie povere, quelle nelle quali sia il padre che la madre sono rimasti disoccupati. Lo Stato fa sempre meno per queste persone, le risorse per l’assistenza sociale sono diminuite, e il risultato è che il numero delle persone che non riescono più a pagare l’affitto o le bollette è aumentato. Una parte della popolazione sta diventando sempre più ricca, ha nelle mani la maggior parte dei mezzi finanziari, mentre un’altra parte sta diventando sempre più povera ed è sempre più irritata perché vede che altri stanno approfittando di questo. Dentro a questa situazione cresce la sfiducia verso l’elite politica: una parte della popolazione pensa che i politici non facciano nulla per loro e che non possano nemmeno provare a farlo perché l’Olanda ha perso una parte della sua sovranità devolvendola alla Ue.


Qual è oggi la caratteristica della società olandese che le è più di conforto, e qual è la caratteristica della società olandese che la preoccupa di più?
Gli olandesi sono generosi, vogliono soccorrere i più sfortunati. In questo momento si sta svolgendo una grande raccolta di fondi per le vittime della carestia nel Sud Sudan, organizzazione cristiane e non si sono coalizzate in questa iniziativa. D’altra parte ci sono cose che mi rendono triste: la mancanza di fede nella nostra società e la relativa perdita di valori etici connessi alla fede e al buon senso. Si può costatare che nel nostro paese che il rispetto per la vita umana sta diventando sempre meno. Un altro campo in cui si può essere preoccupati è quello del matrimonio: pochi si sposano, in chiesa o civilmente.

Come in molti altri paesi europei, la fede e la pratica religiosa sono molto diminuite in Olanda Secondo l’edizione 2016 dell’inchiesta “Dio in Olanda” la somma degli atei e degli agnostici rappresenta quasi il 60 per cento della popolazione olandese, e per la prima volta il numero degli atei dichiarati ha superato quello di coloro che credono nell’esistenza di un Dio personale. Secondo lei qual è stato il fattore più importante che ha innescato la tendenza al ribasso del numero dei credenti e della pratica religiosa? Si tratta di cause legate alle Chiese, quindi alla teologia liberale e alla pastorale legata a questa impostazione, oppure si tratta della pressione generale della società che enfatizza e impone i valori secolari?
Il fattore più importante secondo me è la cultura. I primi segni di una secolarizzazione tra i cattolici in Olanda si potevano già osservare negli anni Venti e Trenta del secolo scorso. Nelle grandi città c’erano già cattolici che non andavano più in chiesa, che non facevano più battezzare i figli. Il fenomeno si è intensificato dopo la Seconda Guerra mondiale. Nell’ottobre 1947 c’è stato un simposio nel seminario minore dell’arcidiocesi di Utrecht nel quale alcuni preti e laici si sono radunati per studiare questo problema. Hanno parlato dei problemi della pastorale e hanno formulato la previsione che un grande numero di battezzati avrebbe lasciato la Chiesa in modo silenzioso nei decenni che sarebbero seguiti. Hanno avuto ragione, perché vent’anni dopo la Chiesa olandese s’è svuotata in modo molto rapido. Nel 1947 avevano già costatato che molti cattolici mantenevano con la Chiesa un legame piuttosto etico-sociale, ma non erano interessati alle verità di fede. Si viveva dentro a una rete di organizzazioni cattoliche, però mancava una vita personale di preghiera, una propria spiritualità.
 

Karol Wojtyla visitò il nostro paese alla fine degli anni Quaranta, quando faceva la sua tesi di laurea all’università di Lovanio, nel vicino Belgio, e pur esprimendo ammirazione per le vaste strutture e l’organizzazione della Chiesa cattolica, osservò una mancanza di una vita spirituale, di un legame personale con Cristo. Costatò che la Chiesa cattolica in Olanda era unita e si batteva contro i protestanti, ma era un’unità puramente in negativo, mentre era carente la fede personale. Tutti questi fattori sono diventati la causa della crisi grave che la Chiesa olandese ha vissuto a partire dagli anni Sessanta, nei negli anni è sorto il fenomeno dell’individualismo. La grande prosperità che è iniziata allora metteva una persona in grado di vivere abbastanza indipendentemente da altri, e questo ha condotto a un individualismo molto forte, esagerato, che conosciamo adesso nel nostro paese. L’individualista è una persona autoreferenziale, convinta di avere non solo il diritto ma il dovere di costruire da sé il proprio essere e i propri valori etici. Non cerca punti di riferimento negli altri, in realtà e strutture che lo trascendono, ma solo in se stesso. E questo individuo è chiuso in se stesso, non si apre a un Dio trascendente e nemmeno a una comunità di fedeli, che è l’essenza della Chiesa. Tutti questi fattori hanno condotto alla grave crisi della fede e della vita della Chiesa cattolica oggi.
 

Anche i teologi hanno vissuto questa evoluzione, sono diventati sempre più liberali. L’hanno subìta molto più di quanto l’hanno prodotta. Edward Schillebeeckx, per esempio, da professore di dogmatica all’università di Nimega negli anni Cinquanta era abbastanza ortodosso, solo dal 1965 si è dimostrato un fautore delle nuove correnti teologiche. I teologi hanno seguito il cambiamento della cultura più di quanto abbiano influito su di esso. C’è stato insomma il concorso di molteplici fattori, il cui risultato è che la catechesi è mancata nella Chiesa cattolica nell’ultimo mezzo secolo. Io ho frequentato un liceo scientifico di religiosi ad Amsterdam, e i primi anni, dal ’65 al ’67, ho ricevuto una bella catechesi, soprattutto biblica. Ci hanno promesso che avrebbero trattato i sacramenti a partire dal terzo anno, ma non l’hanno mai fatto. Gli insegnanti di religione erano ancora preti, ma c’erano discussioni su Che Guevara, sui temi di quell’epoca, e niente più di religione. Ho scoperto e mantenuto la vocazione sacerdotale grazie al parroco della mia cittadina di nascita presso Amsterdam, una persona molto sensibile. In genere nella scuola cattolica mancava la catechesi, e questo è fino ad oggi un problema.
Nelle parrocchie non si fa catechesi?
Adesso si fa soltanto la preparazione alla Prima comunione e alla Cresima, ma è molto difficile radunare i giovani per la catechesi, ci sono tante attività ricreative, ognuno ha i suoi programmi personali. Quando io ero bambino non c’erano così tante attività, adesso è molto difficile radunare la gente un pomeriggio o una sera per dare loro la catechesi. Esistono ancora tante scuole con un’identità cattolica, ma siccome la maggior parte degli alunni non è più cattolica e nemmeno gli insegnanti lo sono, oppure non sono fedeli attivi, la scuola cattolica non è più in grado di trasmettere la fede come avveniva fino a 50 anni fa.

Nel Rapporto “Dio in Olanda” si legge che i cattolici più giovani sono più ortodossi dei meno giovani riguardo alla dottrina cattolica tradizionale. Risulta anche a lei o è un’illazione?
È così, posso confermarlo. Le generazioni più anziane sono quelle che negli anni Sessanta hanno abbracciato le nuove correnti teologiche, invece i giovani, quando credono ancora, non discutono l’ortodossia e hanno un’intensa vita di preghiera. La domenica delle Palme coincide con un’attività della pastorale giovanile della mia arcidiocesi, che prevede un’ora di Adorazione. I nostri giovani amano tantissimo l’Adorazione, amano la preghiera silenziosa. Durante quell’ora offriamo sempre la possibilità di confessarsi, e praticamente tutti i giovani presenti si confessano, mentre quando si parla di confessione con la generazione più anziana, le reazioni sono molto negative, ostili: «Non facciamo più queste cose». Mentre non si vede questo fra i giovani, sono molto aperti sulla confessione. Il numero dei cattolici sta sempre diminuendo, ma la qualità sta aumentando, e questo è un segno di speranza. In un futuro non lontano la Chiesa in Olanda sarà molto piccola, ma sarà una Chiesa con una fede forte, che potrà essere il lievito del Regno di Dio nella società di domani. Non sono un arcivescovo disperato, però dobbiamo accettare che la Chiesa in Olanda diventerà molto piccola. Io sto chiudendo molte chiese, forse un terzo delle chiese nell’arcidiocesi di Utrecht sarà chiuso prima del 2020 e due terzi prima del 2025. Forse saremo in grado di mantenere un 20 parrocchie forse con una o due chiese ciascuna, mentre negli anni Sessanta erano quasi 400: è una diminuzione enorme. Ma quando i parrocchiani hanno una fede forte, profonda, questo potrà essere il lievito del futuro: questa è la mia speranza per il tempo a venire. E devo dire che anche fra gli anziani coloro che rimangono hanno una fede più sostanziale di quella che aveva la loro stessa generazione in passato. Quando sono diventato vice parroco nel lontano 1985, la maggior parte dei miei parrocchiani aderiva alle idee del movimento dell’8 maggio. Era il nome del movimento nato alla vigilia della visita di Giovanni Paolo II all’Olanda, che si svolse appunto l’8 maggio 1985. Fu una visita molto particolare, con tante proteste contro il Papa: è stata la visita più difficile che Giovanni Paolo II ha compiuto durante il suo lungo pontificato. I partecipanti a quel movimento aderivano a una teologia liberale, criticavano molti punti delicati della dottrina della Chiesa, soprattutto contestavano la morale sessuale. La domenica la chiesa era ancora abbastanza piena, ma io sapevo che la maggior parte delle persone presenti non accettavano il contenuto delle mie omelie. Oggi non è più così, l’atmosfera è più rilassata, è più pacifica. Adesso proclamare la fede è diventato più facile di quanto era 30 anni fa. Non tutti gli sviluppi sono negativi, sarebbe uno sbaglio pensare questo.

Nonostante la diminuzione del numero dei cattolici in Olanda, le statistiche mostrano che ogni anno alcune centinaia di adulti si convertono al cattolicesimo. Che tipo di persone sono questi adulti che chiedono di essere accolti nella Chiesa cattolica?
Sono persone tanto diverse quanto lo è la società olandese. Pochi diventano cattolici per sposare un cattolico, la maggior parte scopre la fede cattolica attraverso amici, o a seguito di un avvenimento importante nella vita. Alcuni sono protestanti, altri non sono stati mai battezzati. Sono persone diversissime, e più o meno la metà di loro diventano fedeli attivi con una fede forte.

Ci sono molti stranieri fra loro o per la maggior parte sono olandesi?
La maggior parte sono olandesi autoctoni. Fra gli immigranti cristiani si trovano molte persone battezzate, credenti, più istruite nella fede che gli olandesi. In Olanda abbiamo un milione di islamici, ma anche 800-900 mila cattolici immigrati, che sono una componente molto attiva nelle parrocchie della parte occidentale del paese, nelle grandi città come Amsterdam, L’Aja e Rotterdam.

Recentemente Lei ha sottolineato l’esigenza di un documento di alto livello della Chiesa cattolica sull’ideologia del gender. Perché un documento del genere sarebbe importante?
Anche su questo tema l’Olanda ha fatto da battistrada. Negli anni Ottanta una clinica universitaria di Amsterdam di affiliazione protestante offrì per prima trattamenti sia ormonali che chirurgici per il cambiamento del sesso biologico. L’assicurazione malattia pagava in gran parte tutto questo ed è ancora così. Oggi attraverso commissioni delle Nazioni Unite si esercitano molte pressioni sugli stati perché introducano legislazioni che si accordano con la teoria del genere, soprattutto programmi nelle scuole. Cosa dice in sintesi questa teoria? Che in passato l’identità di genere veniva imposta dalla società, soprattutto in relazione al ruolo sociale della donna, ma adesso siamo individualisti, adulti, autonomi, e quindi abbiamo il diritto e il dovere di scegliere la nostra identità di genere. Oggi in Olanda la teoria del genere non è più un argomento dibattuto, tutti la accettano come una cosa evidente: il genere non ha un legame essenziale col sesso biologico, l’individuo ha la libertà di determinare la propria identità di genere e di cambiare il sesso biologico a piacere, secondo le sue idee sulla sua identità di genere. Per la gente è diventato difficile capire che un cambiamento del sesso è una cosa incompatibile con la dottrina della Chiesa sul matrimonio e la sessualità. Per questo ho chiesto un documento sulla teoria del genere da parte del magistero romano: non necessariamente un’enciclica, ma un documento che spieghi chiaramente cosa la Chiesa pensa della teoria del genere sulla base di un’antropologia filosofica cristiana, così che la gente possa capire che sulla base della visione del mondo che la Chiesa ha, e che viene dalla Sacra Scrittura e dalla Tradizione, il sesso biologico è essenziale per l’identità di genere. Ci possono essere cambiamenti per quanto riguarda il ruolo sociale del genere, questo accade in tutte le culture e in tutta la storia, ma non si può dire che il genere è totalmente staccato dal sesso biologico. Ho fatto richiesta per un tale documento perché tutti nella nostra società accettano la teoria del genere senza essere consapevoli delle sue conseguenze e dell’antropologia che presuppone. Il Papa ha detto qua e là qualcosa sull’argomento, ha parlato di una colonizzazione ideologica aggressiva riguardo alla teoria del genere, di una guerra su scala mondiale contro il matrimonio e la famiglia, ma un documento specifico sulla teoria del genere potrebbe essere profetico.

Altro tema delicato è la legislazione relativa all’eutanasia, che in Olanda già esiste ed è molto permissiva. Cosa pensa dell’attuale legislazione e delle conseguenze delle riforme che si propongono in direzione del suicidio assistito?
La situazione si sta complicando. Una commissione istituita dal governo e presieduta da un membro del partito D66, che ha lottato molto per l’introduzione dell’eutanasia in Olanda, ha concluso l’anno scorso che la legge vigente funziona bene e non c’è bisogno di cambiarla. La commissione ha scritto che è vero che in Olanda ci sono persone anziane che vorrebbero poter usufruire del suicidio assistito anche se non soffrono di alcuna malattia, soltanto perché considerano la loro vita “compiuta”. Queste persone, secondo la commissione, possono già avvalersi della legge vigente. Nonostante ciò, i ministri della giustizia e della salute il 13 ottobre scorso hanno scritto una lettera al parlamento nella quale hanno annunciato di voler presentare una nuova legge, da affiancare a quella esistente sull’eutanasia, per coloro che considerano la loro vita compiuta. Questa legge sulla “vita compiuta” prevederebbe che ogni persona abbia il diritto di chiedere il suicidio assistito rivolgendosi ad assistenti autorizzati, che possono essere medici, psicologi, infermieri specializzati. Gli assistenti sono competente a verificare che la persona chieda il suicidio assistito in modo coerente e libero, che non ci siano pressioni familiari o ambientali. Anche il partito D66 ha annunciato una proposta di legge per l’assistenza al suicidio per gli anziani, indicando come età minima i 75 anni. Questa è la nuova tappa nella discussione dell’eutanasia in Olanda. Quando qualcuno fa presente che tutte queste proposte si muovono lungo un pericoloso piano inclinato, tutti negano e protestano, ma è impossibile non notare che la legislazione si è mossa su un piano inclinato dagli anni Settanta ad oggi. Si iniziò a parlare di eutanasia per malattie incurabili nella fase finale della vita; poi si è discusso dell’eutanasia fuori dalla fase finale; poi negli anni Novanta la si è estesa alle malattie psichiatriche e neurodegenerative; poi nel 2004 è stato introdotto il Protocollo di Groningen che autorizza la soppressione di neonati gravemente malati, e per la prima volta si è rotta una barriera, quella secondo cui la soppressione della vita doveva essere richiesta dal malato. Adesso la tappa seguente sembra essere l’introduzione del suicidio assistito per coloro che non soffrono di una malattia, ma affermano che la loro vita è compiuta.

Negli ultimi 30 anni l’Olanda è diventata la destinazione di un forte flusso migratorio. Molto migranti vengono da regioni del mondo dove la visione religiosa della vita è ancora prevalente. Molti di essi sono musulmani. La percezione vostra è che questi immigrati si stanno secolarizzando come la maggioranza degli olandesi, oppure stanno mantenendo e trasmettendo un’identità religiosa forte?
Fino al 2004 si osservava una certa tendenza alla secolarizzazione anche fra gli immigrati islamici, però a partire dal 2004 si nota un rafforzamento dell’identità islamica fra gli immigrati, soprattutto quelli che provengono dalla Turchia e dal Marocco per più del 95 per cento si dichiarano islamici praticanti. Effettivamente il 40 per cento dei musulmani in Olanda visita la moschea il venerdì, una percentuale notevole se si paragona a quella dei cristiani che visitano abbastanza regolarmente una chiesa, che sono il 10-15 per cento. La pratica domenicale fra i cattolici è inferiore al 5 per cento. Gli islamici hanno un’identità religiosa più forte di quella dei protestanti e dei cattolici di oggi.


Quante moschee sunnite esistono in Olanda? E quante parrocchie cattoliche?
Le moschee attualmente sono 500, e altre se ne stanno costruendo. Loro costruiscono moschee, noi cristiani chiudiamo chiese. Le parrocchie cattoliche sono circa 1.500, in diminuzione così come il numero delle chiese aperte al culto. Ci sono chiese che non si usano più ma siccome non c’è un compratore aspettiamo prima di sconsacrarle definitivamente. Attualmente nella mia arcidiocesi ci sono una ventina di chiese in vendita. Io sono dell’opinione che bisogna evitare di spendere tutti i mezzi finanziari di una parrocchia nella manutenzione di una chiesa che non si usa, lasciando le generazioni future senza risorse, a mani vuote: in Olanda non c’è l’8 per mille. I comuni possono dichiarare una chiesa sul loro territorio come patrimonio monumentale. A quel non si può più intervenire sull’architettura della chiesa, e diventa difficile venderla perché l’acquirente non può cambiare destinazione, mentre i comuni spendono molto poco per la manutenzione delle chiese che hanno dichiarato patrimonio monumentale. I comuni legano le mani alla Chiesa, ma aiutano poco a trovare una soluzione.

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