martedì 20 settembre 2016

Grazie ...


Le Quattro Tempora di settembre



La santificazione delle Stagioni.
autunnoLa santa Chiesa chiede, per la quarta volta nell’anno, un tributo di penitenza per consacrare le stagioni. si possono vedere al mercoledì della terza settimana di Avvento e alla prima di Quaresima i dati storici relativi alla istituzione delle Quattro Tempora. Qui richiamiamo soltanto le intenzioni che nel cristiano devono guidare questa parte del suo servizio annuale.

Inverno, primavera, ed estate, iniziati con il digiuno e con l’astinenza, hanno veduto scendere la benedizione di Dio sui mesi dei quali si compongono e l’autunno raccoglie i frutti che la misericordia divina ha fatto gemere dal seno della terra maledetta, perché pacificata dalle riparazioni degli uomini peccatori (Gen 3,17).

Il seme prezioso affidato al terreno nei giorni di freddo ha rotto la zolla appena sono venuti i giorni belli e la Pasqua si è annunciata dando ai campi il grazioso ornamento che loro occorreva, per unirsi al trionfo del Signore. Poi subito, come dovette avvenire nelle nostre anime sotto il fuoco dello Spirito Santo, lo stelo crebbe sotto l’azione del sole caldissimo, la spiga, ingiallendo, promise il cento per uno al seminatore e la messe si è raccolta nella gioia, e i covoni accumulati nel granaio del padrone invitano l’uomo a levare il pensiero a Dio dal quale questo dono è venuto.

Non si dica, come il ricco del Vangelo, dopo un raccolto abbondante: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia. Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio». (Lc 12,16-21).

Se vogliamo essere ricchi, ma ricchi veramente secondo Dio, meritando il suo aiuto nella nostra conservazione, come nella produzione dei frutti della terra, all’inizio di una nuova stagione usiamo gli stessi mezzi di penitenza già tre volte trovati così utili. Questo è d’altra parte un comando della Chiesa, che obbliga, sotto pena di peccato grave, chi non è dispensato legittimamente in questi tre giorni dall’astinenza e dal digiuno.
Valore della penitenza della Chiesa.
Abbiamo già detto della necessità che il cristiano, desideroso di progredire nella via della salvezza, ha di una iniziativa privata sul terreno della penitenza. Tuttavia anche in questo campo come in tutti gli altri l’attività privata non raggiunge mai il merito e l’efficacia dell’attività pubblica, perché la Chiesa veste della sua stessa dignità e della potenza di propiziazione annessa alla sua qualità di sposa gli atti di penitenza compiuti in suo nome nell’unità del corpo sociale. San Leone nei suoi discorsi al popolo di Roma, in occasione di questo digiuno del settimo mese, torna volentieri su questa caratteristica dell’ascetismo cristiano. Se è lecito, egli dice, a ciascuno di noi affliggere il corpo con penitenze volontarie e frenare, ora più dolcemente e ora più energicamente, le esigenze della carne che lotta contro lo spirito, è necessario tuttavia in giorni stabiliti un digiuno generale. Quando la Chiesa si unisce in un solo spirito, in una sola anima, per le opere di pietà, la devozione è più efficace e più santa. Tutto ciò che riveste carattere pubblico è preferibile a ciò che è privato e si deve comprendere che quando si impegna lo zelo di tutti è in gioco un interesse più grave. Il costume del cristiano non diminuisce dunque il suo impegno e, implorando il soccorso della protezione divina, sia assicuri ciascuno l’armatura celeste contro le insidie dello spirito del male. Ma il soldato della Chiesa, pur sapendo comportarsi valorosamente nella lotta da solo, lotterà tuttavia più sicuramente e con esito più felice al posto assegnato nella milizia della salute. Affronti dunque e sostenga la lotta di tutti, a fianco dei suoi fratelli e sotto il comando del re invincibile (s, Leone, Discorso iv, sul digiuno del VII mese).

Un altro anno e negli stessi giorni, il santo Papa e Dottore insisteva più energicamente ancora e più a lungo su queste considerazioni, che non si potrebbero richiamare abbastanza, di fronte alle tendenze individualiste della pietà moderna. Non non possiamo raccogliere che qualcuno dei suoi pensieri, rinviando il lettore alla raccolta dei suoi discorsi. “L’osservanza regolata dall’alto, egli dice, supera sempre le pratiche di iniziativa privata, non importa quali esse siano, e la legge fatta per tutti rende l’azione più sacra che non possa fare un regolamento particolare. L’esercizio di mortificazione che ciascuno si impone di sua volontà riguarda infatti l’utilità di una parte, di un membro, mentre il digiuno fatto dalla Chiesa tutta non esclude alcuno dalla generale purificazione, e il popolo di Dio diventa onnipotente, quando i cuori si riuniscono nell’unità della santa obbedienza e quando, nel campo dell’armata cristiana, le disposizioni sono dappertutto eguali e la difesa è la stessa in tutti i luoghi. Ecco dunque, amatissimi, che oggi il digiuno solenne del settimo mese ci invita a schierarci sotto la potenza di questa invincibile unità. Leviamo a Dio i nostri cuori, togliamo qualche cosa dalla vita presente per accrescere i nostri beni eterni. Il perdono completo dei peccati si ottiene con facilità quando la Chiesa si riunisce tutta in una sola preghiera e in una sola confessione. Se il Signore promette di accogliere ogni domanda fatta nel pio accordo di due o tre (Mt 18,19-20) come dire di no a tutto un popolo innumerevole, che segue uno stesso rito e prega in spirituale accordo? È casa grande davanti al Signore e prezioso lo spettacolo del popolo di Gesù Cristo, che si dedica allo stesso impegno e, senza distinzione di sesso e di condizione, in tutte le sue classi agisce come un cuore solo. È unico pensiero di tutti fuggire il male e fare il bene (Sal 33,15), Dio è glorificato nelle opere dei suoi servi, l’elemosina abbonda e ciascuno cerca solo l’interesse altrui e non il proprio. Per grazia di Dio che fa tutto in tutti (1Cor 12,6), frutto e merito sono comuni, perché comune è l’amore nonostante la sproporzione di quanto si possiede, e quelli che meno possono dare si eguagliano ai più ricchi, per la gioia che sentono della generosità altrui. Nessun disordine in un popolo simile, nessuna dissomiglianza là dove tutti i membri dell’intero corpo tendono tutti a dare prova di una stessa intensità di amore. Allora la bellezza delle parti si riflette sul tutto e fa la sua bellezza. Abbracciamo dunque, o carissimi, questa saldezza di unità sacra e iniziamo il solenne digiuno con la ferma risoluzione di una volontà concorde” (san Leone, Discorso iii sul Digiuno del VII mese).
Preghiera per gli Ordinandi.
Non dimentichiamo nelle nostre preghiere e nei nostri digiuni di questi giorni i novelli sacerdoti e gli altri ministri della Chiesa che riceveranno sabato l’imposizione  delle mani. L’ordinazione del settembre non è generalmente la più numerosa di quelle che il Vescovo compie nel corso dell’anno. L’augusta funzione cui il popolo cristiano deve i suoi padri e le sue guide non sentiero della vita, in quest’epoca dell’anno, offre tuttavia un interesse particolare, perché corrisponde meglio di qualsiasi altra allo stato presente del mondo, portato come è verso la sua rovina. L’anno volge anch’esso al suo termine. Il mondo, già illuminato dall’Uomo-Dio e riscaldato dallo Spirito Santo, vede raffreddarsi la carità, diminuire la luce e la fiamma del Sole di giustizia. Ogni rivoluzione strappa alla Chiesa gemme che essa non ritrova dopo l’uragano, le burrasche si fanno frequenti e la tempesta diviene lo stato normale delle società. L’errore domina e fa legge, l’iniquità abbonda. Quando verrà il figlio dell’uomo, diceva il Signore, pensate che trovi ancora fede sulla terra? (Lc 18,8).

Levate la vostra testa, o figli di Dio, perché la vostra redenzione è vicina (ivi 21, 28-31), ma tuttavia, da adesso all’ora in cui cielo e terra rinnovellati per il regno eterno sbocceranno nella inebriante luce dell’Agnello vittorioso (Ap 21), giorni più duri ancora devono scorrere nei quali anche gli eletti (Mc 13,22) sarebbero sedotti, se fosse possibile. Occorre quindi che in questi tempi sventurati i pastori del gregge siano all’altezza della loro vocazione rischiosa e sublime. Digiuniamo e preghiamo e per molte che siano le perdite già subite nelle file dei cristiani prima fedeli alle pratiche della penitenza, noi non manchiamo. Stretti in piccolo gruppo intorno alla Chiesa imploriamo lo Sposo di moltiplicare i suoi doni su quelli che egli chiama all’onore più che mai temibile del sacerdozio e di infondere in essi la sua divina prudenza, onde sventare le insidie, il suo zelo indomito nella ricerca delle anime ingrate, la sua perseveranza fino alla morte nel conservare, senza incertezze e compromessi, l’integrità della verità da lui rivelata al mondo, la custodia della quale nell’ultimo giorno sarà testimoniata dalla fedeltà della Sposa.

da: dom Prosper Guéranger, L’anno liturgico. – II. Tempo Pasquale e dopo la Pentecoste, trad. it. L. Roberti, P. Graziani e P. Suffia, Alba, 1959, p. 500-504

Nessun commento:

Posta un commento